Il mercato dell’arte, quella contemporanea in particolare, vive di tendenze effimere e spesso impossibili da anticipare o prevedere dove una delle poche certezze, fino ad oggi, sono state figure cardine, punti di riferimento a lungo considerati imprescindibili quali i galleristi, mercanti d’arte e naturalmente gli acquirenti.
Ognuna di queste categorie si trova, oggi più che mai, nel pieno di una fase evolutiva dove le responsabilità si specchiano quali riflessi dell’entità astratta chiamata “mercato” coinvolto nell’evoluzione produttiva e comunicativa delle nuove generazioni e dell’avanzamento tecnologico. Nell’impossibilità di prevedere gli esiti futuri, figli delle trasformazioni odierne, è importante avvalersi della massima, antica e preziosa, Historia magistra vitae al fine di guardare al passato quale cartina di tornasole dell’andamento del pendolo, eterno e ritmato, delle tendenze ed evoluzioni nel campo dell’arte. Se Paul Durand creò il prototipo del mercante d’arte e Napoleone III ruppe l’egida delle accademie nell’orientare gusto e mercato grazie alla nascita del Saloon des Refuses, risulta di basilare importanze comprendere come le oscillazioni della politica e conseguentemente dell’economia mondiale siano state sempre maggiormente coinvolte nelle dinamiche artistiche arrivando a diventarne parte integrante con tutte le idiosincrasie del caso. Le crisi che hanno segnato, come pietre miliari, il Novecento e i primi decenni del Duemila, hanno avuto un ruolo determinante nel definire tendenze, blocchi e riprese del mercato dell’arte. Gli U.S.A, eredi del nuovo modello commerciale francese, faranno emergere uno tra i più influenti mercati che, successivamente alla crisi del 1929, operò un processo alchemico sull’opera d’arte facendola evolvere da feticcio ad investimento. Le speranze del nuovo millennio portarono, nei primi Duemila, una lenta ripresa, lontana però dalla spinta propulsiva che i nuovi collezionisti asiatici avevano stabilito negli anni Ottanta. Ha fatto seguito un 2007 capace di superare il mostro sacro del periodo impressionista ma al contempo le transazioni finanziarie nel campo dell’arte sono crollate insieme al colosso “Lehman Brothers” solo un anno dopo. Il 2012, nuova età dell’oro, ha registrato un incremento costante delle vendite toccando un notevolissimo ventisei per cento di crescita.

JAGO
REX HAMILTON / Woman of colors series
Marilena Pirelli parlò di una crescita stupefacente finanche per gli analisti del settore. Cinque lettere e un numero a due cifre hanno braccato, bloccato, silenziato il mercato: COVID 19. L’arte è stata una delle massime vittime del biennio 2020-2022 vedendosi relegata allo sterile mondo degli eventi online. La dematerializzazione, figlia della necessità, di eventi, fiere e convegni ha però creato effetti sorprendenti da un punto di vista creativo e commerciale. Soluzioni quali cripto, NFT e simili, non esordienti ma latenti nelle loro reali potenzialità, sono emersi con forza facendosi vettori di nuove dinamiche di un mercato sempre più popolato da Millenials, nella duplice veste di artisti e compratori e di tendenze prorompenti quali i “Bipoc”. Oggi, in un’epoca che molti definiscono distopicamente “post Covid”, dove ogni tendenza converge verso l’abbattimento delle differenze, finanche delle peculiarità, delle specializzazioni e dove il multitasking sembra essere una skill imprescindibile, il mercato dell’arte contemporanea vede due figure, complementari e antagoniste al contempo, stagliarsi e avanzare sullo sfondo: i Buyers e i Partners.
Oggi, come mai prima d’ora, la prima categoria sta cedendo terreno alle seconda e le motivazioni sono molteplici e ancora in fase di analisi. Il “buyer”, compratore mutevole che ha in parte trasmutato la propria smania di possesso in capacità imprenditoriale, permane nella posizione di chi si appropria di un pezzo, tangibile o smaterializzato al fine di accrescere la propria posizione di un prestigio giocato sulla sottile linea di demarcazione tra gusto e speculazione. Gallerie, singoli collezionisti e musei sono potenziali attori di tale categoria pur mantenendo identità diverse, si pensi alla celeberrima Galleria Saatchi capace di orientare le tendenze del mercato grazie ad un’ascendente propulsivo sullo stesso o alle acquisizioni memorabili , una su tutte il Giacometti da oltre cento milioni di dollari entrato nella collezione di Steven Cohen. Se il buyer, nella sua multiforme essenza, sa e può orientare e manipolare un mercato imprevedibile ed insidioso, cosa resta ai partner, figure agili e sfuggenti? La prima e forse maggiore skill della figura in oggetto è l’essenza smart: sapersi adattare e modellare ad una scena che sta, progressivamente e non senza polemiche, riscrivendo i ruoli degli intermediari fino al loro parziale oblio. Un partner non acquista ma segue un percorso insieme all’artista sul quale decide d’investire comprando quote, percentuali, “azioni” di un’opera, non appropriandosene in alcun modo bensì seguendone le oscillazioni nel mercato. Un esempio magistrale proviene da un artista italiano, seppur internazionale per vocazione e interesse: Jago, al secolo Jacopo Cardillo. Scultore, classe 1987, non si è mai limitato alla manipolazione del suo amato marmo ma ha intuito le possibilità dei social network e della gestione diretta della propria azienda e marchio che oggi evocano cifre a sei zeri.

JAGO / Papa Ratzinger
CREAZIONE.
AUTO PROMOZIONE.
VENDITA DELLE OPERE.
Laddove il talento è indubbio e la capacità imprenditoriale costruita con umiltà e impegno le interazioni con il mercato diventano la naturale espressione di un artista imprenditore che, come altri, ha saputo dare un nuovo significato al termine self- made man. Jago propone una soluzione di business basata sulla costruzione di nuovi asset finanziari che puntano alla creazione di possibilità di divulgazione e valorizzazione di luoghi svantaggiati grazie ad una rete di musei ed esposizioni portando nuova luce e valorizzazione agli stessi. L’opera non è più merce di scambio ma bene condiviso seppur saldamente proprietà dell’artista viene lottizzata nella sua quota minoritaria e dunque supportata da uno o più soci, mecenati della nuova era dell’arte. Soci, non compratori, compagni di viaggio con i quali condividere il proprio percorso creativo. In un mercato dagli orizzonti sfumati al pari di un quadro di Turner dove mode e narcisismo competono con la definizione di nuovi asset finanziari e modelli di business si può, forse, contare su la galvanizzante prospettiva dell’inevitabilità del cambiamento che spinge, da sempre, l’uomo a plasmare nuove opportunità.
Articolo di Valentina Paolino