La nozione di "forma", “shape” in inglese, assume significati diversi a seconda del contesto in cui viene considerata.
Nella comunità queer e nell’arte contemporanea si trasforma in un concetto mutevole, mentre nell’ambito della fisica rappresenta una caratteristica tangibile e definita della materia. Eppure anche in natura esistono delle eccezioni: i fluidi rappresentano per antonomasia l’inafferrabilità in quanto, a differenza dei solidi, non possiedono configurazioni proprie, ma assumono quelle del recipiente che li contiene a seconda che siano liquidi o gas. Davanti a tale capacità di adattarsi e trasformarsi in base al contenitore, o potremmo dire al contesto, una domanda sorge spontanea: l’assenza di una forma propria è da interpretarsi come mancanza totale di figura, come adattamento di volta in volta al circondario o come estremo tentativo di sottrarsi a qualsiasi tipologia di definizione a priori? Proprio dalle possibili risposte a tale quesito scaturisce una riflessione molto importante per la comunità queer, ovvero l’abbattimento delle forme e delle formalità, incluse quelle linguistiche. La distinzione tra identità di genere, orientamento sessuale e sesso biologico è fondamentale per comprendere la diversità dell’esperienza umana e, immaginando un individuo suddiviso in tre sezioni contigue (mente, sentimenti, componente fisico-biologica), si può meglio focalizzare questa divisione. L’identità di genere afferisce alla sfera cognitiva di ognuno di noi ed è la percezione che si ha del sé e del proprio essere maschile, femminile o altro. Può quindi assumere varie forme, identificate con termini specifici e spesso composti. Ad esempio l’appellativo “gender fluid” che indica una persona che a volte si identifica nel genere femminile, altre in quello maschile, altre ancora nel genere neutro.
AGNES QUESTIONMARK / TRANSGENESIS 2021 performance e installazione Courtesy dell’artista The Orange Garden & Harlesden High Street, ph by Henry Kisielewski
AGNES QUESTIONMARK / CHM13hTERT a cura di spazioSERRA e The Orange Garden / courtesy spazioSERRA
In questo caso l’identità non è costante nel tempo, ma è appunto qualcosa di “fluido” che varia senza avere una forma precisa e definita. La fluidità, infatti, rifiuta una categorizzazione rigida e abbraccia la mutabilità e la diversità dell’esperienza umana. Dal punto di vista artistico l’assenza di forma, così come finora l’abbiamo intesa, si manifesta appieno nel lavoro di Agnes Questionmark. L’artista, classe 1995, ha già ottenuto importanti riconoscimenti per la profondità della sua ricerca che si divide tra performance, scultura, video e installazione. Nascita, rinascita e genetica sono i temi principali delle sue opere, che spesso partono dall’esperienza personale di transizione e dall’acqua, il fluido per eccellenza, essenziale per la vita. La creativa utilizza il liquido per rappresentare la queerness suggerendo che, similmente ad alcuni esseri marini che cambiano genere a seconda delle necessità, anche gli umani possiedano una fluidità intrinseca. Una delle performance di Agnes che personalmente ho trovato più significativa è “TRANSGENESIS“, presentata a Londra nel 2021. Questa comprendeva un tunnel in lattice di nove metri che invitava il visitatore a ripercorrere il processo di sviluppo di una vita postumana. Alla fine del tratto Agnes si trovava sospesa su una piscina vuota, in un “involucro” che la faceva assomigliare a un essere marino. Quest’opera, realizzata durante il suo percorso di transizione, univa arte ed esistenza in un’esperienza visivamente e emotivamente toccante. Un interrogarsi sul concetto di specie, di essere umano e di “mostro”, nel senso latino del termine di spettacolare e spaventoso al tempo stesso. Di frequente le persone oggetto di cambiamenti fisici vengono viste con una curiosità morbosa mista a diffidenza e paura. Di converso, chi vive tali mutamenti subisce la frustrazione di queste considerazioni.
A riprova di ciò Agnes Questionmark ha messo in atto nel 2023 a Milano la long durational performance “CHM13hTERT”, a cura di The Orange Garden: per otto ore si esponeva agli occhi del pubblico in un corpo artefatto somigliante a quello di una sirena. Un’evoluzione dell’umano in direzioni non ancora identificabili a seconda del rapporto con gli eventi ambientali e l’intersezione tra specie. Anche in opere più recenti l’artista continua a esplorare temi inerenti la fluidità e la trasformazione, mettendo in discussione concetti come postumano, transumano e la stessa visione antropocentrica del mondo. In “Cyber-Teratology Operation“ (2024), presentata alla 60esima Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale in corso a Venezia, Agnes mette in primo piano un organismo trans (trans-specie, transgender, transumano) all’interno di una sala operatoria dove ogni minimo movimento è tenuto sotto controllo grazie a degli schermi. Il lavoro sottolinea come i corpi transgender vengano spesso patologizzati, ospedalizzati, percepiti come artificiali, sollevando quesiti sull’aspetto scientifico, sul ruolo della biopolitica patriarcale e, al contempo, celebrando il potenziale emancipatorio della trasformazione. Dunque, così come i fluidi si adattano al contenitore senza perdere la propria essenza, anche noi possiamo trovare la nostra vera forma nella fluidità, accogliendo le onde del cambiamento e lasciandoci guidare dalla corrente della nostra autentica identità.
Articolo di Elisabetta Roncati