Nate per esorcizzare il lungo periodo di isolamento delle persone, ora le mascherine d’artista, stanno diventando uno strumento per aiutare le onlus ad aiutare chi ne ha bisogno.
L’arte arriva sempre prima di tutti a metabolizzare il presente. I primi a descrivere la mascherina come simbolo di protezione e di rivalsa contro il Covid-19 sono stati gli artisti. Basta digitare su un qualsiasi motore di ricerca “mascherine d’artista” per essere catapultati in una creatività che in questi mesi di lockdown non si è mai fermata. Gli stessi artisti visuali che, come molte altre categorie invisibili dell’arte, sono stati completamente dimenticati dalle istituzioni.
Ma gli artisti hanno la capacità di trascendere la sofferenza. Non hanno dimenticato di fare il loro lavoro. Perché il loro lavoro è aiutarci a comprendere il presente e prepararci per il futuro. Hanno trasformato il malessere causato dall’isolamento in qualcosa di nuovo. Al posto di quadri, sculture, collage hanno utilizzato la mascherina. Ecco perché la mascherina d’artista diventa un nuovo strumento di comunicazione sociale.
Il più celebre ad aver utilizzato la mascherina d’artista è stato Ai Weiwei.
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«Un individuo che indossa una maschera fa un gesto»
afferma l’artista cinese,
«una società che indossa maschere combatte un virus mortale.
E una società che indossa maschere a causa delle scelte degli individui, piuttosto che a causa della direttiva delle autorità, può sfidare e resistere a qualsiasi forza.
Nessuna volontà è troppo piccola e nessun atto è troppo impotente.»
Le 10mila mascherine serigrafate Ai Weiwei con alcune sue celebri opere sono disponibili su eBay fino al 27 giugno. Il ricavato della loro vendita andrà in beneficenza a organizzazioni umanitarie.
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Ma il fare arte sfruttando lo strumento della mascherina d’artista è stato utilizzato anche in casa nostra. Trai primi, il maestro marchigiano Carlo Iacomucci.
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