La rubrica "QueerVisions" nasce con l’intento di far immergere il lettore in un universo creativo che sfida gli stereotipi, abbatte le barriere e celebra la diversità nelle sue molteplici forme.
Così in questo primo articolo, vista la tematica generale adottata dalla rivista per il mese di marzo, ho deciso di riflettere su un aspetto cruciale: la sottorappresentazione della visione e dell’espressione femminile che avviene molto spesso anche all’interno della stessa comunità LGBTQIA+. Le voci e le esperienze delle donne, o di chi si sessualizza come tale, continuano a essere marginalizzate o trascurate: un fenomeno che riflette in larga misura le disuguaglianze di etero normativa memoria e che ha conseguenze perfino nel contesto artistico. Le opere d’arte prodotte da artistə spesso non trovano un adeguato spazio di esposizione e conseguente apprezzamento, sia a livello istituzionale che nel dibattito culturale più ampio. Per affrontare l’argomento è fondamentale sottolineare che si intende includere la vasta gamma di esperienze e identità che popola la comunità. Quindi, attraverso l’analisi delle opere, esploreremo le sfide che gli/le artistə affrontano nel loro percorso creativo, nonché le potenti narrazioni che emergono dai lavori contestualizzandoli all’interno di un panorama che esamina il ruolo dell’arte nelle lotte per i diritti civili, l’identità di genere e l’uguaglianza. Con questo spirito vi invito perciò a iniziare con me l’analisi delle prime quattro voci, i cui racconti spero inducano una maggiore consapevolezza e apprezzamento della ricchezza e della complessità delle esperienze umane. Buona lettura.
Elisabetta Roncati / Art Sharer e Creator Digitale, fondatrice di ART NOMADE MILAN
ZANELE MUHOLI / Dettaglio Somnyama Ngonyama (Hail the Dark Lioness), 2012, Courtesy © Archivio Storico della Biennale di Venezia, ASAC, Foto Italo Rondinella.
ZANELE MUHOLI
Parlare di Zanele Muholi comporta menzionare le sfide politiche e sociali affrontate dalla comunità LGBTQIA+ sudafricana in quanto l’artista si autodefinisce prima di tutto un’attivistə. Utilizzando la fotografia come strumento di denuncia, Muholi documenta le ingiustizie subite quotidianamente da persone afrodiscendenti e non eterosessuali nel Paese. La sua prima mostra personale si è tenuta nel 2004 alla Johannesburg Art Gallery, ma il successo internazionale è arrivato nel 2012 quando ha partecipato a dOCUMENTA 13 a Kassel.
Da allora ha esposto in numerosi musei e biennali di fama mondiale, ricevendo premi e riconoscimenti per il suo impegno artistico e sociale. Grazie al genere del ritratto l’artista cerca di combattere lo stigma e di abbattere i pregiudizi nei confronti della comunità LGBTQIA+, oltre a rafforzare i legami tra coloro che condividono le stesse esperienze. La collaborazione è infatti fondamentale per Muholi, che coinvolge spesso i suoi soggetti in conferenze e presentazioni.
Oltre a ritrarre gli altri, Zanele Muholi ha creato famosi autoritratti utilizzando oggetti comuni per dar vita a effetti sorprendenti e per richiamare eventi della storia politica del Sudafrica, come nella serie ancora in corso “Somnyama Ngonyama (Hail the Dark Lioness)”. Per l’artista la bellezza delle composizioni è uno strumento per sottolineare la dignità e il rispetto dovuti a ogni essere umano, indipendentemente da etnia, identità e orientamento sessuale.
CHRISTINA QUARLES
Le opere di Christina Quarles si ergono come manifesti contro le definizioni identitarie culturalmente imposte, trasformando i limiti oggettivi del linguaggio in strumenti di potente ribellione. La sua passione per il disegno è emersa quando era giovanissima; in seguito, durante l’università, ha intrapreso un percorso di studi in filosofia e arte. Le tele di Quarles si riempiono di una miriade di piani spaziali e gesti materialmente resi attraverso una varietà di tecniche, dal dripping agli stencil alle manipolazioni digitali, creando una contorsione delle figure sulla tela. La loro fusione evoca un senso di intimità e fluidità, accentuato dall’impossibilità di delineare con precisione i tratti somatici dei soggetti. Caratteristiche evidenti nelle opere esposte alla LIX Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia. La pratica di Christina Quarles sfida le convenzioni, anche quelle creativo materiali, dipingendo gli individui prima dell’ambiente in cui sono inseriti. I lavori distruggono i presupposti culturali di una soggettività predeterminata e costringono lo spettatore a confrontarsi con fisici disorganizzati. Oltre a riferimenti storico artistici, le creazioni di Quarles incorporano enigmi linguistici e tematiche sociopolitiche, come i respingimenti di migranti al confine tra Messico e Stati Uniti. Nelle tele l’artista sfida la presunta staticità dell’identità umana e trasforma il corpo in un campo di battaglia per il raggiungimento della libertà e l’autoespressione.
CHRISTINA QUARLES / A Little Fall of Rain, 2020, acrilico su tela 182,9 x 213,4 cm, Courtesy © Christina Quarles Courtesy dell’artista, Hauser & Wirth e Pilar Corrias, Londra, Foto Fredrik Nilsen.
TOURMALINE / Summer Azure, 2020, stampa sublimazione 75 x 76,2 cm, Edizione di 3 più due PA Courtesy dell’artista e Chapter NY, New York, Foto Dario Lasagni.
TOURMALINE
Tourmaline è una figura poliedrica, difficile da circoscrivere in una sola definizione. Le sue attività di attivista, scrittrice, regista e artista visiva si intrecciano con un impegno costante a favore della comunità LGBTQIA+, che porta avanti grazie a una serie di iniziative che hanno contribuito notevolmente alla visibilità delle cause supportate e al suo riconoscimento artistico, come dimostrato dalla vittoria del Baloise Art Prize durante Art Basel 2022. Laureatasi in studi etnici comparati alla Columbia University, Tourmaline ha iniziato la carriera artistica focalizzandosi sulle immagini in movimento e la fotografia. La sua attività creativa e l’impegno sociale si sono quindi intrecciati in modo significativo, come dimostrato dai documentari dedicati alle figure chiave della comunità LGBTQIA+ Marsha P. Johnson e Miss Major Griffin-Gracy. Tourmaline si è dedicata anche alla preservazione della storia queer newyorkese, svolgendo incarichi direttivi presso il Sylvia Rivera Law Project e realizzando la pellicola “A Fabulous Attitude” (2010). L’artista esplora spesso tematiche legate all’afrofuturismo, immaginando un universo in cui tutte le comunità godano di pari dignità e diritti. Nonostante ciò, la sua ricerca è saldamente ancorata alla realtà quotidiana, concentrandosi sull’indagine delle cause che hanno prodotto condizioni di vita non ottimali per la comunità LGBTQIA+ globale, in particolare per gli afrodiscendenti e le persone transgender. Attraverso l’arte Tourmaline mette in luce questioni spesso trascurate dall’opinione pubblica, evidenziando l’importanza di problemi che coinvolgono settori della popolazione considerati marginali. La sua convinzione è che ognuno abbia il diritto di essere se stesso e di perseguire i propri desideri e aspirazioni.
XU YANG
Xu Yang, giovane artista originaria di Zibo, una piccola città della provincia cinese dello Shandong, è stata recentemente premiata dalla commissione della Tate Collective durante il LGBTQIA+ history month 2023. Cresciuta in un ambiente conservatore, in cui le donne erano limitate nel parlare di certi argomenti e nell’esprimere pienamente la propria identità, Xu Yang si è avvicinata con curiosità alle figure femminili del passato, presentando questa affinità di comportamenti nelle sue opere. Dopo il trasferimento a Londra e l’avvicinamento alla comunità LGBTQIA+ ha dimostrato un forte interesse per tematiche come l’individualità, il libero arbitrio, il rapporto con l’altro e l’universo circostante. Così nelle opere Xu Yang unisce abiti in stile rococò all’estetica delle drag queen, esplorando la sua natura queer attraverso autoritratti ispirati a grandi artiste del passato come Élisabeth Louise Vigée Le Brun, Angelica Kauffman e Artemisia Gentileschi. Questo processo le permette di analizzare l’identità in relazione ai ruoli di genere nella società, ragionando sugli stereotipi e sugli episodi di emarginazione che ha vissuto in quanto persona asiatica nel Regno Unito. Risalendo alle tecniche tradizionali e ai materiali utilizzati da artistə dei secoli scorsi, Xu Yang dipinge spesso ad olio su lino o pannelli in legno di tiglio. La sua arte non si limita al ritratto: esplora anche il genere della natura morta, aprendosi a una meditazione sulla vita e sul valore attribuito agli oggetti quotidiani nel corso del tempo. Così Xu Yang invita gli spettatori a riflettere sul presente, consapevoli del passato che ci ha plasmato e del futuro che non possiamo prevedere.
XU YANG/ Perhaps We are All Fictions in the Eye of the Beholder, 2023, olio su lino 200 x 170 cm, Courtesy dell’artista.
Articolo di Elisabetta Roncati